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AMARCORD puntata n.2: DONATO ANZIVINO

di Stefano De Cristofaro

 

Donato Anzivino da calciatore ha militato per ben sette stagioni in serie A ed altrettante in B, tra Ascoli e Campobasso, oltre a svariati campionati di serie C. Eppure, tra i suoi ricordi più belli ce n’è uno che non riguarda i tanti duelli ingaggiati, sulla fascia, contro i campioni (italiani e stranieri) dell’epoca, ma un torneo di gran lunga inferiore: quello regionale dell’Eccellenza abruzzese.

E il motivo è molto semplice: nella stagione 1998/1999, alla guida della “sua” Pro Vasto, mister Anzivino vinse a mani basse il campionato, chiudendolo con ben 87 punti all’attivo sui 102 disponibili. Un primato mai raggiunto prima e a tutt’oggi imbattuto, essendo stato sfiorato solo dal San Nicolò di Massimo Epifani, che chiuse a quota 86 la stagione 2013/2014.

«Impossibile dimenticare quell’annata» – esordisce il 67enne trainer molisano (nato nel gennaio ’55 a Nova Cliternia, in provincia di Campobasso) – anche se fino a qualche tempo fa non sapevo di detenere ancora questo record. L’ho scoperto in occasione di una trasmissione tv nel corso della quale, parlando dell’allora capolista Avezzano, venne citata la mia Pro Vasto. E devo dire che è stata una bella sorpresa appendere che a distanza di tanti anni quel primato resisteva ancora».

Ottenuto tra l’altro alla guida di una neopromossa…

«Verissimo ed infatti, pur avendo allestito una buona squadra, nessuno di noi avrebbe mai immaginato di poter centrare un’altra promozione. Men che meno, poi, in una simile maniera. Ricordo che fino al giro di boa dovemmo fare i conti col Celano ma nel ritorno non ce ne fu per nessuno, complice anche il successo ottenuto, proprio a Celano, davanti a tantissimi tifosi vastesi».

Aneddoti particolari?

«Uno su tutti: la cena del mercoledì. Sempre nello stesso ristorante cittadino e con la particolarità che, tra un piatto e l’altro, ci si dilettava con le imitazioni. Il migliore in assoluto era il secondo portiere Bottari, bravissimo a scimmiottare anche me, anche se la sua imitazione migliore era quella del mister Bruno Taverna. Spassosissima. Sicuramente meno piacevole invece il ricordo del grave infortunio patito dal nostro attaccante Paolo Iezzi. Messo fuori causa (frattura di tibia e perone, ndr) proprio quando aveva iniziato ad ingranare. Un ottimo ragazzo che ho poi avuto il piacere di allenare anche a Guardiagrele, altra piazza a cui sono legatissimo».

Oltre a lui e al capocannoniere Fabio Nepa, quale giocatore ricorda in particolare?

«Ho un ottimo ricordo di tutti quei ragazzi, ma se proprio dovessi fare un’eccezione, dico Davide Ruscitti, col quale mi sento ancora, di tanto in tanto. E ci tengo a citare, tra le piazze in cui ho lavorato, anche quella di Borrello, una realtà minuscola portata dalla Prima all’Eccellenza in soli tre anni».

Sei, del resto, sono le promozioni al suo attivo da allenatore (quattro sul campo e due in virtù di altrettanti ripescaggi) mentre da calciatore restano i già accennati duelli ingaggiati (da terzino e mediano) contro atleti del calibro di Zico, Platini, Paolo Rossi, Bettega, Mancini, Causio e Bruno Conti, per citare i più noti, oltre al gol partita (l’unico in serie A per lui) siglato a Bergamo, contro l’Atalanta.

«I ricordi belli sono davvero tanti. Penso ad esempio al successo per 3-2 ottenuto a Torino contro la Juve dell’82/83: quella formata per nove undicesimi da nazionali azzurri, più Platini e Boniek. E poi il quarto posto, con qualificazione alla Coppa Uefa sfiorata per un soffio, nell’Ascoli di Gibì Fabbri e del presidentissimo Costantino Rozzi. Uomo a volte irascibile ma di straordinaria umanità, oltre che scaramantico come pochi. Ricordo che ogni volta che entrava negli spogliatoi, prima della gara, aveva l’abitudine di lanciare in aria il suo loden, tra lo stupore dei nuovi arrivati e i sorrisi dei veterani. Per non parlare poi dei suoi inconfondibili calzini rossi, talmente famosi da essere diventati, proprio in suo onore, parte integrante della divisa ufficiale della squadra».

Dal passato al presente, targato Virtus Vasto…

«Scelta di vita, legata alla necessità di non allontanarmi da Vasto (dove vive ormai da anni, ndr) – ma devo dire che mi sono trovato davvero bene a lavorare con i giovani».

Talmente bene, da sfiorare, nella passata stagione, il titolo nazionale Under 17, negato ai suoi ragazzi dalla Lodigiani, proprio alla soglia della finale.

«Quest’anno sono ancora lì ma non escludo più a priori» – conclude Anzivino – «l’eventualità di tornare ad allenare una prima squadra, dato che i miei nipoti si sono fatti grandi ed ora ho più tempo a disposizione».