di Stefano De Cristofaro
La recente promozione (dalla Terza alla Seconda categoria) ottenuta a suon di record (ventinove successi su trenta gare disputate) quest’anno dal Bellante 1958 ha riportato alla ribalta un club di lunga storia e tradizione, per quel che riguarda il calcio dilettantistico abruzzese.
Un club che, come si evince dalla sua stessa denominazione, si appresta a celebrare ben sessantacinque anni di ininterrotta (o quasi) attività, tra soddisfazioni, delusioni, gioia e lacrime.
Al primo gruppo appartiene sicuramente la conquista dell’edizione 1991/1992 della Coppa Italia, che all’epoca prevedeva la partecipazione non solo delle squadre di Eccellenza, categoria nata proprio in quell’annata, ma anche di quelle militanti in Promozione.
«Annata davvero speciale» – sottolinea con malcelato orgoglio uno dei protagonisti di quella squadra, il centrocampista (ora cinquantottenne) Marco Di Giuseppe.
Vera e propria colonna di quel Bellante, avendo in pratica vestito sempre e solo i colori biancorossi. Precisamente per venti stagioni di fila, ovvero dal 1980 (anno d’esordio, nella prima squadra allenata da Flavio Croce, dopo un biennio trascorso nelle file della formazione Giovanissimi) al 2000, che segnò il suo ritiro dalle scene dopo aver indossato, negli ultimi dieci anni, la fascia da capitano.
Venti stagioni che lo hanno visto disputare tutti i campionati (dilettantistici) possibili, ad eccezione di quello di Terza: dalla serie D, conquistata tra il 1988 e il 1989, fino alla Seconda categoria.
Altrettanto ricco il suo palmares, avendo messo in bacheca tre promozioni, due Coppe Abruzzo e, appunto, la Coppa Italia regionale.
«La squadra che se l’aggiudicò» – rammenta Di Giuseppe – «veniva da una retrocessione in Serie D e dal successivo nono posto, centrato l’anno dopo in Promozione. Prima cioè del ripescaggio nel neonato campionato di Eccellenza.
A dire il vero non è che si respirasse un’aria di grande entusiasmo, essendo appena tre i superstiti della squadra che aveva disputato la Serie D.
Ciononostante, il mister di allora, Italo Di Giovanni, seppe egualmente, col prezioso contributo del direttore sportivo Ottavio D’Agostino, mettere su un ottimo gruppo, riuscendo a coinvolgere giocatori di quasi tutto il territorio teramano.
A mio avviso comunque, il vero e indiscusso protagonista di quella stagione fu, senza alcun dubbio, il mister Italo Di Giovanni, che con la sua saggezza seppe coinvolgerci tutti, riuscendo a trarre il massimo da ciascuno di noi.
La conquista della Coppa» – prosegue Marco Di Giuseppe – «fu però una vera sorpresa, dato che non rientrava affatto tra gli obiettivi di partenza. D’altronde, come già detto, dalla Serie D eravamo rimasti in pochi. Eppure, confermando il famoso detto secondo cui “l’appetito vien mangiando”, riuscimmo a trovare le giuste motivazioni, grazie anche allo spirito battagliero della maggior parte di noi».
In campionato, invece, chiudeste al sesto posto: risultato giusto?
«Penso proprio di sì, avendo dato il massimo anche in quella competizione, considerando anche il fatto che nel girone vi fossero diverse squadre molto più attrezzate di noi.
Team come Termoli, Renato Curi, Hatria, Nereto, Val di Sangro, Mosciano, Roseto e Amiternum. Non credo quindi di esagerare nel sostenere che, un po’ per tutti, rappresentammo una sorpresa assoluta».
Ricorda come si sviluppò quel primo campionato di Eccellenza? Siete mai stati in corsa per la vittoria finale o per il secondo posto, che anche all’epoca garantiva l’accesso ai play off nazionali?
«Fu un campionato davvero duro, ma sin dall’inizio caratterizzato dall’allungo decisivo del Termoli di Tonino Impullitti, che prese subito la testa della classifica e non la lasciò più.
Per un breve periodo riuscimmo anche ad attestarci nelle primissime posizioni, togliendoci lo sfizio di andare a vincere sul campo della Renato Curi, per poi assestarci al sesto posto, che riuscimmo, con grande orgoglio e impegno, a difendere sino alla fine del campionato».
Gli elementi più in vista di quella squadra?
«Premesso che eravamo tutti bravi ragazzi e buoni calciatori, ciò che davvero ci distingueva, rispetto agli altri, era la nostra rabbia agonistica e la grinta con cui affrontavano ogni partita. Quanto ai giocatori di spicco, doveroso iniziare con Daniele De Petris (scomparso prematuramente circa due anni fa, ndr), attaccante dotato di un sinistro vellutato nonché capo cannoniere della squadra.
A seguire, Paolo Di Donato, soprannominato “La Roccia” per il suo fisico statuario, il portiere De Julis, successivamente approdato in serie C1 e B; il giovane Niko Di Eugenio e Antonio Di Buonaventura, il nostro “Giannini”. Ma il vero leader fu, senza ombra di dubbio, il tecnico Italo Di Giovanni, senza dimenticare, con affetto, il nostro secondo portiere Sandro Daniele, un vero amico, purtroppo scomparso a seguito di un brutto male…».
Avendolo nominato spesso, due battute su mister Di Giovanni?
«Un grande allenatore, davvero. Tecnico preparato oltre che persona simpaticissima e sempre disponibile. Dentro e fuori il campo. Non dimenticherò mai quando, in occasione del mio matrimonio, lo vidi piangere, così come conservo gelosamente il regalo da lui ricevuto a fine campionato: una croce d’oro in segno di gratitudine per l’ottima stagione disputata. Un uomo eccezionale, che avrà sempre un posto speciale nel mio cuore».
E il vostro cammino in Coppa Italia?
«Sono sincero. A distanza di così tanto tempo non rammento tutti i risultati, ma ricordo che eliminammo, via via, Mosciano, Sambuceto, Sant’Omero e Tortoreto, approdando alla doppia finale con il San Salvo.
Vincendo per 3-0, tra le mura amiche, la sfida di andata, grazie alle reti di Di Donato, De Petris e Di Eugenio, riuscimmo a mettere una seria ipoteca sulla Coppa, poi conquistata in virtù del successivo 0-0 ottenuto a San Salvo in occasione del return match».
Le ultime battute di Di Giuseppe sono riservate proprio al Bellante 1958 di quest’anno, approdato come detto a suon di record in Seconda categoria.
«Il Bellante è sempre nel mio cuore. Hanno fatto un campionato davvero eccellente, vincendole quasi tutte, ma l’aspetto a mio avviso straordinario è quello di essere riusciti a riportare in paese un entusiasmo per il calcio locale e un pubblico al campo che non si vedevano da molti anni.
Complimenti quindi a tutti, dal mister, nonché amico personale Riccardo Lo Schiavo, al giovane presidente Francesco Piccioni, passando per l’intera dirigenza e la squadra.
Composta in larga parte da giocatori del posto (tredici sui venti totali, ndr), in aggiunta ai vari Sekkal, Qdoumi, Sensi, Di Pasquale, Forcellese e al quasi cinquantenne Cardelli.
Un gruppo fortissimo, reso ancor più irresistibile dal pubblico. Sono fiero di loro e faccio loro i miei più sinceri complimenti, con l’augurio che possano ripetersi anche nella prossima stagione».
Scontata, quanto doverosa, la sua chiosa finale…
«Forza Bellante. Sempre!»