di Stefano De Cristofaro
Il calcio nell’area frentana ha una grande e gloriosa storia di successi. Basti pensare infatti che, poco meno di sette anni fa, il Guido Biondi, tempio del calcio rossonero, ospitava (in serie B) avversari del calibro di Salernitana, Spezia, Bari e Cagliari, per citare le più note.
Con Amarcord ci piace tornare un po’ indietro con la memoria. Precisamente alla stagione 1997/1998, essendo contrassegnata da un “double” destinato a rimanere tra i più bei ricordi della ultracentenaria storia calcistica frentana.
Quello in questione, per capirci, era il Lanciano della seconda “era Ezio Angelucci” (indimenticato e ora più che mai rimpianto presidente del sodalizio rossonero), che a cavallo di quelle due annate riuscì nell’impresa di vincere l’allora campionato regionale di Eccellenza, abbinando ad esso anche la Coppa Italia di categoria.
Impresa per la verità riuscita, dal ’91 ad oggi, ad altre quattro squadre: dal Paganica di mister Angelo Prospero (stagione 1993/1994) al Luco dei Marsi ’96/97 allenato da Piero Di Paolo, senza dimenticare il Celano targato Rinaldo Cifaldi (stagione 2002/2003) e, più di recente (stagione 2017/2018), il Real Giulianova di Attilio Piccioni.
«Diciamo che siamo in buona compagnia, la qual cosa non sminuisce affatto la portata di un’impresa di cui, a distanza di anni, vado ancora orgoglioso». A parlare così è proprio uno degli artefici materiali della storica “doppietta” rossonera: l’allenatore Peppino Di Pasquale, frentano doc e attuale responsabile tecnico del settore giovanile dell’Union Fossacesia.
Di Pasquale, in verità, subentrò in corso d’opera sulla panchina del Lanciano, che aveva iniziato la stagione agli ordini del riconfermato Pietro Armenise.
La cui avventura però si chiuse, tra alti e bassi, il 4 dicembre 1997, tre giorni dopo uno scialbo 0-0 casalingo con il Castelnuovo Vomano.
Risultato pagato a caro prezzo dal trainer pugliese, esonerato con la squadra seconda in classifica e staccata di un punto rispetto alla Renato Curi di Cetteo Di Mascio, e di lì a poco sostituito proprio da Di Pasquale, il cui debutto avvenne il 15 dicembre, in occasione del vittorioso match al “Pallozzi” di Sulmona.
«Ricordo bene quel giorno» – sottolinea il diretto interessato – «e quel successo di misura, frutto del gol lampo del nostro centravanti Vincenzo Aureli, bravo ad approfittare di un errato retropassaggio di un difensore avversario».
Un bell’esordio, seguito poi da una serie di ulteriori diciannove risultati utili consecutivi, per un totale di 46 punti in 20 gare, frutto di 13 vittorie e 7 pareggi. Questo, in campionato, lo score personale dell’imbattuto tecnico di Santa Maria Imbaro (comune a due passi da Lanciano) che si ripeterà, come detto anche in Coppa Italia, aggiudicandosi senza sconfitte anche il trofeo regionale.
Subentrato in corsa, con la squadra già approdata alle semifinali, Di Pasquale si sbarazzò infatti dapprima del Lauretum (pari in quel di Loreto e vittoria interna nel return-match) per poi ripetersi in occasione della doppia finale, disputata contro la Pro Vasto di Donato Anzivino, battuta di misura all’andata.
«Una signora squadra» – rammenta il trainer rossonero – «guidata da un amico, oltre che da un ottimo tecnico. In quel periodo, tra l’altro (febbraio inoltrato, ndr), eravamo alle prese, in campionato, con un entusiasmante ma dispendiosissimo testa a testa con la Curi, per cui, pur avendo un organico ben assortito, non era certo facile reggere certi ritmi, che ci costringevano a giocare praticamente tre volte a settimana.
Inoltre, proprio in occasione della decisiva sfida di ritorno all’Aragona, ricordo di aver dovuto fare a meno di tre o quattro titolari, i cui sostituti si rivelarono però all’altezza dei loro compagni di squadra, com’era del resto già accaduto, in analoghe situazioni di emergenza».
Questo il ricordo di Di Pasquale, i cui ragazzi sfioreranno poi la finale della successiva fase nazionale della Coppa, facendosi eliminare in semifinale dai pugliesi dello Squinzano, dopo aver fatto fuori, nei turni precedenti, i molisani dell’Isernia, i campani del Sorrento e i laziali dell’Aprilia.
«Eravamo a metà maggio» – sottolinea l’allenatore in questione – ovvero quasi al termine di una stagione davvero stressante, per cui ai miei giocatori non si poteva certo chiedere di più. Senza dimenticare comunque che, pur eliminati, uscimmo a testa alta dalla competizione, vincendo di misura la gara di andata per poi perdere quella di ritorno, disputata su un campo a dir poco infuocato».
Una partita chiusa addirittura in otto dal Lanciano, costretto a fare i conti con l’atteggiamento sin dall’inizio intimidatorio dell’ambiente: rete tagliata tra le due panchine e in occasione di un fallo di Martinelli, invasione di campo da parte di una cinquantina di tifosi, trattenuti a fatica dalle forze dell’ordine e comunque arrivati a contatto con lo stesso Martinelli, colpito da un paio di esagitati.
«Un clima che finì col condizionare anche l’arbitro il quale, infatti, da quel momento in poi diresse a senso unico» – rincara la dose Di Pasquale, egualmente orgoglioso per una stagione comunque esaltante.
Tanti i ricordi di quel periodo, il più bello dei quali è rappresentato, a suo dire, dalla compattezza del gruppo.
«In tanti anni di calcio» – conferma – non ho mai trovato una altrettanto elevata professionalità e disponibilità. Soprattutto da parte di chi, partendo spesso dalla panchina, aveva meno spazio rispetto ai cosiddetti titolari. Mai una parola fuori posto o un atteggiamento indolente: sia in partita che negli allenamenti. Senza contare che con molti di loro mi sento tuttora, a conferma di un rapporto più che consolidato».
Uno di questi, ad esempio, era il portiere Raffaele Masullo, venuto a mancare per un brutto male proprio qualche mese fa…
«È stata una vera mazzata per me, che ne ignoravo le condizioni di salute. Una tragedia per la famiglia e per quanti gli volevano bene» – tiene a dire Di Pasquale, che desidera ricordare anche un’altra figura a cui era legatissimo: il già citato presidente Ezio Angelucci.
«A lui» – afferma – «devo tanto, se non tutto, e gli sarò sempre debitore. Ricordo con grande nostalgia l’appuntamento fisso del sabato, quando mi convocava nel suo ufficio e lì trascorrevamo un’ora e mezzo di piacevolissime chiacchiere, dedicate al campionato e a quella che sarebbe stata la formazione utilizzata l’indomani. Si interessava a tutto ma non ha mai ingerito nelle mie scelte, da vero signore qual era.
La mancata conferma? Fu una decisione consensuale e per nulla traumatica. Lo prova il fatto che l’anno dopo, oltre a dare una mano nella preparazione atletica della prima squadra a mister Fabrizio Castori, rimasi a far parte dello staff tecnico, allenando la squadra Juniores rossonera. E pure con lo stesso Castori nessuna rivalità, tant’è che, successivamente, mi chiese di affiancarlo anche altrove, anche se non se ne fece nulla avendo io, nel frattempo, iniziato ad insegnare».
L’ultima sottolineatura di Peppino Di Pasquale riguarda infine un argomento che gli sta particolarmente a cuore: Al di là dei successi conseguiti» – svela – «la cosa a cui tengo di più è che, durante la mia stagione, furono ben nove i ragazzi della locale Juniores (da lui stesso allenata, ndr) promossi in prima squadra. Alcuni di essi riuscirono poi a farsi strada anche in ambito professionistico, ed è stata proprio questa la mia vittoria più grande».