Anche il calcio dilettantistico abruzzese ha il suo Cincinnato.
Si chiama Attilio Piccioni, 59enne allenatore teramano di recente sparito dai radar per scelta volontaria e a dispetto di una carriera (da allenatore) non priva, come vedremo, di soddisfazioni.
Carriera iniziata da calciatore (col duplice ruolo di terzino e mediano a sinistra) nelle giovanili dell’Alba Adriatica e nella Primavera dell’Ascoli (all’epoca militante in serie A) e proseguita poi in serie C, con le maglie della Sambenedettese (nelle cui file oltre a vincere il campionato ha conquistato anche la Coppa Italia di categoria nel 1992), del Chieti e del Giulianova; in serie D al servizio di Rosetana, Santegidiese e Giulianova; in Eccellenza ad Alba Adriatica e in Promozione col Montorio 88.
Questi, invece, i club in cui ha lavorato nelle vesti di allenatore: Alba Adriatica (settore giovanile ed Eccellenza), Cologna Spiaggia (Promozione), Castelnuovo (Eccellenza), Santegidiese (Eccellenza, serie D e settore giovanile), RC Angolana (Eccellenza e serie D), Cologna Paese (Eccellenza), Centobuchi (serie D), Giulianova (Promozione ed Eccellenza), Rosetana (Promozione) e Sambenedettese (settore giovanile).
Un curriculum professionale di tutto rispetto e tra l’altro impreziosito dal fatto di figurare come uno dei cinque tecnici capaci di vincere (dal 1991 a oggi) per due volte il campionato di Eccellenza (alla guida della RC Angolana, nella stagione 2004/2005, e del Real Giulianova, in quella 2017/2018), al pari dei colleghi Tonino Impullitti, Donato Anzivino, Daniele Fanì e Massimo Epifani, e subito dopo Rinaldo Cifaldi e Alessandro Lucarelli: gli unici ad aver toccato quota tre.
Ma non basta perché mister Piccioni si è anche tolto lo sfizio di centrare il “double” campionato + Coppa Italia di Eccellenza: impresa, quest’ultima, riuscita solo ad Angelo Prospero, Piero Di Paolo, Giuseppe Di Pasquale e al già citato Rinaldo Cifaldi.
Il che ci riporta alla domanda di partenza: come mai uno con simili trascorsi non allena più?
«Nel momento in cui» – spiega il diretto interessato – «non sono riuscito ad arrivare dove avrei voluto, ho preferito fare un passo indietro e decidere di scegliere le persone con le quali continuare a condividere questa mia passione. Per fortuna, pur amando tantissimo il calcio vissuto in maniera attiva, non ho la necessità di doverlo fare a tutti i costi e di certo non con chiunque. L’amore per questo sport resta dunque altissimo, ma per il momento sto bene così».
Ne sarà felice sua moglie Tina, che avrà modo di vederlo più spesso rispetto a prima.
«Vero, anche se il tempo da dedicare alla famiglia non è mai abbastanza».
Due, come detto, le promozioni in serie D…
«Vincere è sempre difficile, e riuscirci in piazze dove si è quasi obbligati a farlo lo è ancora di più, anche se della bellezza e dell’importanza di ogni affermazione ce ne rendiamo quasi sempre conto a posteriori, e sono sensazioni bellissime. Soprattutto quando si è consapevoli di aver dato il massimo».
Qualche ricordo della prima promozione, ottenuta a Città Sant’Angelo?
«Di quel periodo rammento con piacere lo splendido gruppo di ragazzi a mia disposizione. Gruppo coadiuvato da una società super e supportato da una città appassionata ai propri colori, con un pensiero particolare per Enzo Catena e per il segretario Biondi. Quanto al singolo episodio, se proprio devo sceglierne uno, cito la trasferta di Pianella dove, in situazioni ambientali difficilissime, con pioggia, neve, vento e su un campo in terra battuta, riuscimmo a vincere in rimonta una partita fondamentale per le future sorti della stagione».
E di quella centrata a Giulianova?
«In questo caso c’è l’immensa soddisfazione dei due campionati vinti (a quella in serie D va infatti aggiunta la precedente promozione in Eccellenza, ndr) e di altrettante Coppe Italia regionali conquistate. Traguardi ottenuti in una realtà calcistica eccezionale e potendo anche qui disporre di calciatori forti, il che però non è sempre sinonimo di successo. Ci tengo però a sottolineare come la gioia provata in occasione alle vittorie ottenute vada di pari passo con la delusione per non essere riuscito a consolidare una struttura nel modo in cui ci eravamo ripromessi di fare io e il dg di allora Mimmo Vernacotola. Nella seconda annata però, vissuta da neopromossi in Eccellenza, io e Mimmo (Vernacotola, ndr), assieme alla squadra e al preparatore atletico compimmo una vera e propria impresa, confermata dai sedici punti di vantaggio sul Chieti (secondo, ndr) con cui chiudemmo quella stagione».
Peccato che al terzo anno, quello della serie D, il tutto sia precipitato…
«Essendo arrivato a Giulianova assieme a Vernacotola mi è sembrato doveroso, dopo le sue dimissioni dall’incarico, rassegnare anche le mie, dalla guida tecnica dei giallorossi. Per un senso di lealtà e riconoscenza nei suoi confronti».
Si è mai pentito della scelta fatta?
«Assolutamente no, anche perché come andò poi a finire la società di Luciano Bartolini ebbero modo di vederlo tutti…».
Tra la carriera di calciatore e quella da allenatore avrà avuto modo di incontrare tantissimi colleghi. Qualcuno di loro con cui è nato un rapporto di amicizia?
«Non ho rapporti di amicizia con altri allenatori. Diverso è invece il discorso relativo ai calciatori, essendomi trovato bene quasi con tutti, a cominciare da Saggiomo, mio fraterno compagno di squadra al pari dei vari Solfrino, Di Domenico, Sorgi e Labadini, che purtroppo non sono più con noi. Tra gli atleti allenati, invece, ce n’erano alcuni con i quali avevo instaurato rapporti di particolare sintonia: penso a gente come Bifulco, Vespa, Marozzi, Pilone, D’Onofrio, Rachini o Fasciani, scusandomi sin d’ora con coloro che ho tralasciato perché i loro nomi, al momento, non mi sovvengono».
Dal passato al presente: i suoi obiettivi a breve e lunga scadenza?
«Ritengo di aver dimostrato, e di possedere tuttora, la capacità di rendermi utile in una realtà che desideri crescere sia in campo che fuori, per cui resto in attesa, senza particolari assilli, dell’occasione giusta».
di Stefano De Cristofaro