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STORIE DI CALCIO puntata n.27 – ALESSANDRO LUCARELLI: I SUCCESSI DELLO SPECIALISTA DEL SALTO DI CATEGORIA

Paradossi del calcio.

Alessandro Lucarelli è uno dei due allenatori (l’altro è il collega Rinaldo Cifaldi) con all’attivo ben tre promozioni dall’Eccellenza alla Serie D. Che unite a un curriculum vitae di tutto rispetto fanno di lui uno dei tecnici abruzzesi in assoluto più titolati.

Eppure, strano a dirsi, risulta al momento disoccupato, visto che la sua ultima avventura, vissuta sulla panchina del Giulianova, risale alla metà del gennaio 2024: esattamente quindici mesi fa…

«Un’esperienza» – sottolinea lo stesso Lucarelli – «che ricordo sempre con grande rammarico, non essendo riuscito a esprimermi come avrei voluto e, di conseguenza, a garantire i risultati che la società puntava a ottenere. È stata una stagione particolare, e credo che le responsabilità vadano condivise anche se, nonostante tutto, i numeri parlano chiaro e non sono poi così da buttare, visto che nelle undici gare disputate sotto la mia gestione erano arrivate sette vittorie, tre pareggi e una sola sconfitta, oltre a una qualificazione alla finale regionale di Coppa Italia regionale. Ecco perché, al di là di come sia andata a finire, la considero comunque un’esperienza importante».

Avezzanese purosangue, il 52enne Alessandro Lucarelli è stato anche un discreto difensore centrale: formatosi calcisticamente nel settore giovanile dell’Aquilotti ha poi militato in Serie D ed Eccellenza, vestendo la maglia della Fucense Trasacco, per poi giocare in Promozione, nelle file del Lycia e del San Benedetto Venere.

Ritiratosi dalle scene intorno ai ventisei anni, si dedica all’attività di allenatore, curiosamente iniziata allo stesso modo, ovvero guidando le giovanili dell’Aquilotti Avezzano per poi passare alla Juniores del Luco Calcio.

A livello di prime squadre ha lavorato in Promozione con Luco Calcio, Civitella Roveto e Jaguar Angizia, in Eccellenza con Avezzano, Paterno, Chieti, Lanciano e il già citato Giulianova, arrivando poi in Serie D, sulle panchine di Avezzano, Chieti e Vastese.

Piazze importanti che gli hanno regalato parecchie soddisfazioni e, come detto, ben tre promozioni dall’Eccellenza alla serie D e una Coppa Italia di Eccellenza, vinta con il Paterno.

Fa dunque specie che uno con simili trascorsi sia fermo da oltre un anno.

«Che ho trascorso» – spiega – «dedicandomi alla mia attività lavorativa”.

Ovvero concentrandosi sulla riorganizzazione e sullo sviluppo della palestra Metrò, della quale è titolare dal 1999. Palestra che ha sede ad Avezzano, dove risiede assieme alla sua famiglia, composta dalla moglie Daniela e da due figli: Sofia di diciassette anni e Giovanni, di dodici.

«Ovviamente» – aggiunge – «ho comunque continuato a seguire il campionato di Serie D per tenermi sempre aggiornato, approfittando di questo periodo di forzata inattività calcistica per dedicare più tempo ai miei famigliari e a progetti che negli ultimi anni avevamo accantonato».

Difficile credere che in questi mesi non l’abbia cercata nessuno, e se ciò in effetti è avvenuto, come mai non ha preso in considerazione le eventuali offerte?

«In effetti, in questi mesi sono stato contattato da alcune società, ma la mia intenzione era e resta quella di accettare solo un progetto ben strutturato, che mi dia la possibilità di potermi esprimere al meglio e dimostrare così il mio valore. Tutte cose che richiedono una programmazione a medio e lungo termine, oltre a una società intenzionata a investire nel progetto e a garantire quel supporto indispensabile per poter lavorare con la massima professionalità».

Meglio allora tornare indietro nel tempo, a quel passato illustre, caratterizzato dalle tre promozioni in Serie D…

«Soddisfazioni grandissime, soprattutto perché dietro quei risultati ci sono stati anni di studio, preparazione, lavoro e sacrificio».

Sapeva di condividere questo primato con Cifaldi?

«Sì, ne ero al corrente e la cosa mi fa molto piacere dato che Rinaldo è sempre stato un punto di riferimento per i giovani allenatori e per i ragazzi, che allena con grande profitto. Ecco perché non sono affatto sorpreso dell’ottimo lavoro che sta svolgendo alla guida del Pontevomano».

Ad Avezzano nella stagione 2014/2015 e poi due volte col Chieti: nel 2018/2019 e nel 2020/2021. Quale la promozione più bella?

«Quella centrata ad Avezzano è stata sicuramente speciale. Perché era la mia prima vittoria, per giunta alla guida della squadra della mia città, ed essere riuscito a riportarla in Serie D dopo circa quindici anni è stato davvero qualcosa di straordinario.

A Chieti, invece, le due vittorie, pur diverse tra loro, hanno avuto un peso sportivo ancora maggiore, considerando la tradizione e l’importanza della piazza neroverde in ambito calcistico».

E quella più combattuta?

«Dico di nuovo Avezzano, non foss’altro per il modo in cui è arrivata, ossia all’ultimo secondo e a coronamento di una straordinaria rimonta che ci portò da metà classifica fino al primo posto, per poi arrivare alla vigilia dell’ultima giornata con un solo punto di vantaggio sul Paterno. Il calendario, per l’occasione, ci aveva riservato una trasferta contro la Pro Vasto, rivale storica rivale dell’Avezzano. E infatti, come previsto, fu una partita vera e assai tirata, nonostante loro non avessero più nulla da chiedere a quella stagione essendo salvi e al tempo stesso lontani dalla zona play off. Ricordo che andammo in vantaggio noi nel primo tempo, per poi subire la rete dell’1-1 a tre soli minuti dalla fine, col Paterno che, avendo già vinto il proprio impegno, ci aveva superato in classifica. Sembrava tutto perso, e invece, proprio al 94’, sull’ultima azione della partita, Michele Bisegna segnò, su punizione, il gol che decise di fatto quel campionato.

Una trasferta, quella vastese, affrontata senza tifosi, ma al ritorno, in quello storico 26 aprile 2015, trovammo ad accoglierci un’intera città, scesa in piazza anche per festeggiare il suo Santo Patrono. Un’emozione unica e indelebile, anche perché vincerla così, all’ultimo respiro, rese ogni sacrificio fatto scolpito nella memoria di tutti i suoi protagonisti».

E delle due annate in neroverde cosa ricorda?

«Soprattutto il primo anno, caratterizzato da problemi societari, a dispetto dei quali, di comune accordo con la squadra ed i tifosi, decidemmo di non arrenderci, rimanendo uniti e concentrati verso l’obiettivo. La partita chiave? Sicuramente quella vinta contro L’Aquila.

A quali giocatori è più legato?

«Confesso di non essere un allenatore che supera i limiti del proprio ruolo con i calciatori. Con i quali tendo a instaurare un rapporto di fiducia reciproca, ma sempre mantenendo la giusta distanza, al preciso scopo di evitare favoritismi o atteggiamenti dannosi per il gruppo. Allo stesso tempo, però, ognuno di loro sapeva di poter sempre contare sul sottoscritto, il cui telefono era sempre acceso per tutti: dal primo all’ultimo».

Al suo attivo ha anche una Coppa Italia di Eccellenza, vinta alla guida del Paterno, nella stagione 2016/2017. Che ricordi hai di quell’annata, estesi anche al campionato?

«Ottimi, soprattutto grazie al grande rapporto venutosi a creare sia con la famiglia Di Gregorio (titolare del club, ndr) sia con il direttore sportivo Di Cicco.

Quanto al trofeo vinto, quella Coppa rappresentò un traguardo importante non solo a livello sportivo ma anche sociale, avendo premiato una realtà del tutto nuova, in ambito calcistico, per quel territorio.

In campionato, invece, arrivammo terzi, nonostante la grande fatica per i turni infrasettimanali della Coppa Italia: non solo quella regionale, vinta, ma anche nazionale, essendo arrivati sino alle semifinali».

Allargando il discorso anche alle altre squadre allenate, qual è la società e la piazza in cui si è in assoluto trovato meglio?

«Personalmente cerco di imparare da tutte le mie esperienze, ognuna delle quali rappresenta per me un importante accrescimento professionale: non solo quando mi è capitato di vincere ma anche quando i risultati non sono stati quelli sperati. Detto questo, comunque, il Chieti è e resterà sempre un posto speciale, per me».

Impossibile non chiederle un parere sull’attuale campionato di Eccellenza…

«Ci sono due squadre, Giulianova e Castelnuovo, che sino alla fine si contenderanno il primo posto in classifica. Personalmente, mi auguro che il Giulianova possa salire in Serie D, ripagando gli sforzi che la società ha fatto in questi ultimi anni».

E lei, invece, cosa si aspetta e si augura per il futuro?

«La mia più grande aspirazione è quella di avere la possibilità di mettermi alla prova in piazze professionistiche. Nel corso degli anni ho sempre investito tempo ed energie per crescere dal punto di vista professionale, di pari passo con la mia smisurata passione per il calcio. Passione che mi permette di essere sempre fiducioso e di sperare, a breve, in un mio ritorno in campo. E chissà che un giorno, mi auguro non troppo lontano, non riesca ad allenare una squadra militante tra i professionisti…».

 

di Stefano De Cristofaro