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STORIE DI CALCIO puntata n.28 – ALESSANDRO PENDENZA: PROFESSIONE GOLEADOR

Bomber si nasce.

Una frase fatta che però, a volte, rispecchia la realtà dei fatti come meglio non si potrebbe.

E Alessandro Pendenza, trentottenne centravanti della neopromossa (in Eccellenza) Fucense Trasacco rientra appunto in questa speciale categoria.

A dirlo, del resto, provvedono i numeri o, per meglio dire, le tante reti siglate in carriera: duecentocinquantanove in totale (contando solo le gare di campionato), trentuno delle quali messe a segno proprio nell’attuale stagione.

Conclusasi, come detto, con un’esaltante quanto meritata promozione: una delle tre sin qui ottenute in carriera dal bomber originario di Popoli (nel pescarese), ma residente a Vittorito, in provincia dell’Aquila, dove vive assieme alla sua compagna Elda e ai figli Nina e Nicolò.

Scontato il prossimo obiettivo: toccare quota trecento, dato che di appendere le scarpette al chiodo, smettendo così di infilzare i portieri avversari Alessandro non sembra avere la benché minima voglia…

«Verissimo» – conferma – «anche se ogni tanto mi capita di pensare al futuro e a cosa potrei fare dopo. A tal proposito, non mi dispiacerebbe restare nel mondo del calcio, sia pur con mansioni diverse, ma in questo momento non saprei davvero dire quali».

E comunque la questione non si pone, almeno per ora. Soprattutto se, alla soglia dei trentanove anni si riesce a vincere la classifica cannonieri dell’intera Promozione battendo, con ben trentuno reti all’attivo, il record personale di marcature precedendo di appena due lunghezze il collega (quasi trentenne) in forza al Pianella 2012 Alessio Criscolo.

«Ritoccato di svariati gol – tiene a precisare il diretto interessato – visto che nel precedente, ottenuto a Sulmona, ero arrivato a quota ventitré. Ma al di là delle tante segnature di quest’anno, l’altra grande soddisfazione personale è appunto rappresentata dalla conquista del titolo di miglior marcatore del campionato: il primo in assoluto, nonostante abbia sempre segnato tanto, centrato nel corso della mia carriera calcistica».

Iniziata esattamente venti anni fa (stagione 2004-2005) quando, il diciannovenne Pendenza faceva il suo debutto nelle file del Sulmona, in Promozione. E da quel momento in poi non si fermerà più, segnando infatti a ripetizione in tutte le categorie in cui ha avuto modo di cimentarsi: dalla Prima categoria (con la maglia del Sulmona) alla Serie D (nell’Avezzano), passando pure per l’Eccellenza (Sulmona, Lauretum, Spal Lanciano, Casalincontrada, Capistrello, Cupello, Paterno, Torrese, Porto d’Ascoli, Nerostellati, Assisi Subasio, Avezzano, Ovidiana Sulmona, RC Angolana, Santegidiese e Celano) e la Promozione, giocata nelle file di Sulmona, Pratola e Fucense Trasacco.

Per un totale che supera le seicento partite giocate, e tre campionati (con Sulmona e Fucense Trasacco, in Promozione, e Avezzano in Eccellenza) e due Coppe Italia (con Spal Lanciano e Casalincontrada) vinte.

«Una bacheca» – avverte l’attaccante – «che spero di arricchire a breve con la conquista della Coppa Mancini, che ci vedrà a breve contrapposti alla Bacigalupo Vasto Marina»: una sorta di rivincita, contro la squadra che li ha battuti nella finale di Coppa Italia facendo sfumare il sogno del double…

«Non essere riusciti a regalare un’altra grande soddisfazione ai nostri splendidi tifosi è stato un vero peccato, che non cancella però una stagione davvero fantastica.

Del resto – svela Pendenza – «se in estate avevo deciso di scendere di categoria era proprio per le ambizioni di questa società. Il progetto illustratomi dal presidente Luigi D’Apice e dal ds Gigi Ridolfi era appunto quello di vincere il campionato, pur nella consapevolezza che non sarebbe stata una cosa facile, vista la presenza di concorrenti altrettanto ambiziose e autorevoli».

Quando avete davvero capito di potercela fare?

«Credo che la vera svolta ci sia stata l’inizio del girone di ritorno, in occasione cioè di due insidiosissime trasferte contro San Gregorio e New Club Villa Mattoni. Vinte entrambe sfoderando grandi prestazioni di squadra che hanno galvanizzato tutto il gruppo e l’ambiente dando il là a una serie, poi rivelatasi decisiva, di ben dieci successi consecutivi».

 Un giudizio su questa ultima esperienza marsicana?

«Positivo da ogni punto di vista: sportivo e ambientale. Si è creata una simbiosi reciproca i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti».

Dei trenta gol messi a segno quest’anno quale il più bello e quale il più importante?

«Dal punto di vista spettacolare quello realizzato a Paganica mentre il rigore dell’1-1 trasformato al 93′ sul campo dell’Angizia Luco è stato sicuramente il più significativo. Sia per il momento, sia perché si trattava di un derby assai sentito dalle due tifoserie».

Stessa domanda allargando però il discorso all’intera carriera:

«Per mia fortuna di reti belle ne ho segnate tante ma se proprio dovessi sceglierne una direi quella siglata due anni fa a Pontevomano con la maglia della RC Angolana: una palombella di sinistro calciata da centrocampo. Quanto alla più importante, anche qui avrei l’imbarazzo della scelta per cui, dovendo per ovvie ragioni, restringere il campo, cito quella che ad Avezzano ci regalò la vittoria del campionato, e quelle messe a segno, durante i play out, nelle file di Cupello e Nerostellati: entrambe decisive per il raggiungimento della salvezza».

L’allenatore e la piazza che le sono rimaste nel cuore?

«Sono stato bene un po’ ovunque, ma anche in questo caso, a costo di sembrare ripetitivo, cito i tre anni di Cupello, dove mi hanno trattato davvero come un figlio, e l’esperienza di Avezzano dove, complice la promozione in Serie D, sono rimasto in ottimi rapporti con tantissime persone. Fermo restando che pure a Trasacco, quest’anno, mi sono trovato benissimo».

Tanto da rimanerci anche la stagione prossima?

«Mi farebbe piacere, proprio per i motivi sopra esposti. Adesso però concentriamoci sulla Coppa Mancini e sui meritati festeggiamenti promozione, ultimati i quali mi siederò a tavolino con la società e decideremo insieme il da farsi: sempre in totale armonia e con grande serenità».

 

 

di Stefano De Cristofaro