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STORIE DI CALCIO puntata n.15 – SAVINI, DI PADRE IN FIGLIO

di Stefano De Cristofaro

Quella relativa al calcio a cinque pare essere davvero una questione ereditaria per la famiglia Savini, i cui componenti si trasmettono di generazione in generazione un’identica e smisurata passione per questa specifica disciplina.

«Il primo in assoluto è stato mio padre Giuseppe, che negli anni Sessanta ha giocato anche a livello nazionale, e io, sulla scorta del suo esempio, ho deciso di seguirne le orme.

E così, trascinato anche da alcuni amici di Loreto Aprutino, quello che agli inizi era un semplice svago si è trasformato in un vero e proprio hobby, che cerco di portare avanti nonostante i tanti impegni di lavoro».

A parlare così è il quarantenne Stefano Savini, nato a Penne ma di origine loretese, anche se da undici anni risiede a Cappelle sul Tavo e lavora a Moscufo, dove è titolare, assieme alla moglie Luana, del bar “Martina Caffè”.

Da Giuseppe a Stefano dunque e, da qualche tempo, da Stefano al diciannovenne Alessio: il primo dei suoi quattro figli maschi, visto che della famiglia fanno parte anche Christian, di sette, Davide, di cinque, e il più piccolo, Simone, che di anni ne ha appena quattro.

«Anche Christian» – fa sapere il papà – «ha iniziato a cimentarsi nel calcio, ma quello col piedino più delicato è sicuramente l’ultimo, Simone, che sono convinto mi darà delle belle soddisfazioni».

Per la gioia della mamma, letteralmente circondata da uomini in calzoncini e scarpette da calcio.

«So che potrà sembrare strano» – si affretta a chiarire il capostipite – «ma lei è felicissima di questa nostra passione, tant’è che non si perde mai una partita, seguendoci assiduamente dagli spalti».

Questo perché, a conferma di quanto detto riguardo alla tradizione di famiglia, sia papà Stefano che il primogenito Alessio vestono entrambi la maglia della Gioventù Biancorossa, formazione vestina attualmente militante nel campionato regionale di serie C2 maschile di futsal.

«In realtà lui aveva inizialmente optato per il calcio a undici ma poi, dopo qualche anno di stop forzato e avendo deciso di riprendere a giocare, sono stato proprio io a convincerlo a cimentarsi nel calcio a cinque, portandolo con me.

Dapprima in una squadra di Pescara (l’anno prima del Covid, ndr) e poi con la Gioventù Biancorossa, nelle cui fila milita da quest’anno», prosegue Savini senior, la cui carriera nel futsal (nel ruolo di laterale) è iniziata nel 2004 a Loreto per poi proseguire, tra serie C1, B e C2, con le maglie di Real Pescara, Civitella (con 15 reti all’attivo nella serie cadetta), di nuovo Loreto (in C1), Silvi, Bucchianico e, appunto, Penne.

E a proposito della comune esperienza nella Gioventù Biancorossa, è soddisfatto della scelta fatta?

«Sicuramente sì, e non solo perché vedo Alessio assai partecipe in questa nuova avventura.

Il fatto di andare assieme agli allenamenti (due volte a settimana, ndr) e di giocare indossando la stessa maglia ha sicuramente contribuito a cementare il nostro rapporto personale (i due tra l’altro lavorano assieme, nel bar di famiglia, ndr), al netto di qualche sporadica discussione, ovviamente legata a situazioni di gioco.

In questo senso, dall’alto della mia ventennale esperienza sul campo, cerco di dargli consigli utili, soprattutto dal punto di vista tattico, anche se lui, al riguardo, ha le sue idee e a volte faccio fatica a convincerlo.

Il più forte dei due? È ancora presto per dirlo, avendo lui grandi margini di miglioramento.

Personalmente, qualcosina in carriera l’ho vinta (tre promozioni dalla c1 alla B, una dalla C2 alla C1 e tre Coppe Abruzzo, ndr) per cui gli auguro di seguire le orme paterne o, meglio ancora, di suo nonno».

«Sicuramente» – la replica divertita di Alessio, pivot di suolo – «a livello di posizione in campo, visione di gioco, tiro e caratura fisica lui è oggettivamente migliore di me, ma io credo di poterlo eguagliare, se non addirittura superare, sotto il profilo puramente tecnico».

Diciannove anni compiuti il 28 novembre scorso, Savini junior, come sono soliti chiamarlo i suoi attuali compagni di squadra, vanta come detto qualche esperienza nel calcio a undici, poi ripudiato a favore del futsal.

«Che ho sempre ritenuto» – spiega – «più funzionale alle mie caratteristiche, visto che me la cavo abbastanza bene sia nel controllo della palla sia nella velocità nello stretto.

Qualità che il calcio a cinque esalta di più rispetto a quello a undici o a otto.

In realtà, da ragazzino ho provato anche altre discipline sportive, ma è sempre durata poco, visto che la mia vera passione era e resta il calcio».

Tornasse indietro, rifarebbe la stessa scelta?

«Assolutamente sì. Semmai l’errore è stato quello di lasciare per un anno il futsal rinunciando all’opportunità di giocare assieme a mio padre, ai tempi del Florida. Reputo anch’io questa nostra esperienza comune assai interessante e formativa, ma sarei al tempo stesso curioso di sapere cosa accadrebbe se invece che da compagni di squadra dovessimo ritrovarci sul campo da avversari…».

Anche lei milanista come papà?

«Sì, e pure in questo caso c’è il suo zampino, avendomi trasmesso sin da piccolo questo suo amore per i colori rossoneri. L’unica differenza è che lui è un tifoso sfegatato mentre io sono un sostenitore abbastanza distaccato. A me infatti il calcio non piace seguirlo ma giocarlo».